Tra Docg, Doc e Igt, le denominazioni di origine per i vini italiani sono ormai oltre 500. In quasi sessant’anni di esistenza, la legge che le ha istituite nel lontano 1963, ha prodotto una mappatura del territorio nazionale che ha coinvolto tutte le regioni e tutte le province, tanto che c’è chi oggi sostiene come accorpamenti e tagli si renderebbero necessari, per semplificare un quadro fin troppo ricco.
Un’ulteriore Doc, oltretutto in Toscana, dove ce ne sono a decine, sembrerebbe quindi apparentemente ridondante o poco opportuna, e comunque in controtendenza. Invece, probabilmente no. Almeno se ci si riferisce alla Doc Valdarno di Sopra, che è stata istituita da pochi anni.
Numerose sono le fonti che attestano come la coltivazione della vite e la produzione vinicola fossero pratiche diffuse in quest’area fin da tempi remoti, già verso il 390/370 a.C. nell’Etruria Meridionale e Centrale infatti, le popolazioni etrusche erano capaci di realizzare un processo arcaico di vinificazione delle uve.
La produzione vinicola nell’area compresa tra Arezzo e Firenze è testimoniata nel I secolo d.C. da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia, che indica questo territorio tra i migliori per la produzione viticola dell’epoca, con riferimenti alle numerose varietà di uve coltivate.
Riferimenti collegabili al Valdarno di Sopra sono reperibili nel Catasto Fiorentino del 1427, che non si limita a citazioni tecnico-catastali e geografiche ma presenta anche valutazioni di merito sulla qualità del prodotto ottenuto nelle diverse zone e sulle sue quotazioni, stilando di fatto una graduatoria di merito e prezzo dei vini dell’epoca.
Ma è nelle trasformazioni agricole avvenute nel periodo del XVI – XVIII secolo che si verifica un primo passaggio a vigneti specializzati o chiusi e si sviluppa una viticoltura più scientifica e imprenditoriale, con l’incremento delle coltivazioni come conseguenza anche della grande domanda di alcuni rinomati vini toscani ed in particolare proprio della zona del Valdarno.